Le temperature glaciali non fermano la protesta. In piazza dell’indipendenza i manifestanti europeisti non arretrano, pregano, cantano, si organizzano per continuare a gridare il dissenso contro il governo accusato di vendere il Paese a Mosca. Come nel 2004, ai tempi della rivoluzione arancione sono determinati ad ottenere il cambio di rotta:
“Vogliamo che il governo si dimetta. Vinceremo siamo qui dal primo giorno, andremo fino in fondo. Penso che vinceremo, vogliamo entrare a far parte dell’Europa e l’Europa ci aiuterà”.
L’Europa è presente in tutti gli slogan, sulle bandiere, alcuni esponenti del parlamento europeo hanno presenziato alle manifestazioni di un movimento che ha attirato l’appoggio anche di connazionali che vivono all’estero, e che sono rientrati per dare manforte:
“Non potevo restare in Svezia, appena ho visto quello che stava accadendo nel mio Paese come hanno distrutto tutto ciò che conta per me”.
La causa difesa dagli ucraini ha trovato molti simpatizzanti tra i cittadini di altri Paesi alleati della Russia. Come racconta questo manifestante bielorusso:
“Sono venuto per esprimere la mia solidarietà con gli ucraini in questo momento storico perché ora non si decide solo il destino dell’Ucraina, ma di tutta l’Europa orientale”. In piazza il sentimento che questo sia un bivio storico per il Paese è condiviso da molti. La sfida ora è rappresentare un fronte davvero compatto.
“L’ipotesi che veniamo dispersi è impossibile. Siamo troppi, siamo qui per esprimerci liberamente e non possono privarci di questo diritto. Penso sia impossibile” – dice una studentessa.
La statua di Vladimir Lenin nel centro di Kiev è stata abbattuta dai manifestanti, un gesto simbolico per ribadire che indietro non si torna, l’Ucraina non deve restare nell’orbita russa.