Nessun colpo di scena: la Banca centrale europea lascia allo 0,25% il tasso di interesse di riferimento. Immutati, rispettivamente allo 0,75% e allo zero, il tasso marginale e quello sui depositi.
Volatilità sui mercati emergenti? Presto per parlare di “contagio” in Europa, ha detto Mario Draghi, che ha preferito invece, a fronte di un nuovo calo nella dinamica dei prezzi a gennaio (0,7%), scacciare lo “spettro” della deflazione.
“Gran parte del calo nell’inflazione, escludendo alimentari ed energia, arriva in realtà dai quattro Paesei che hanno usufruito dei salvataggi: Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia”, ha sottolineato il presidente della Bce.
“Per cui, in ultima analisi, questo indica un relativo aggiustamento nei prezzi in corso piuttosto che veri fenomeni di deflazione”, ha aggiunto.
“Per questo motivo – conclude Draghi in conferenza stampa – ho provato a darvi un’idea di quanto complicata sia il quadro complessivo, il che spiega perché oggi abbiamo deciso di attendere prima di prendere qualsiasi decisione”.
In effetti, a dicembre Spagna, Irlanda e Portogallo hanno registrato un aumento dei prezzi al consumo molto risicato, mentre la Grecia è già ufficialmente in deflazione con il -1,8%.
Senza contare che il calo dell’inflazione di gennaio è dovuto in gran parte ai beni energetici alimentari, ha detto Draghi, ribadendo la previsione della Bce: un lungo periodo di bassa inflazione seguito ad un rialzo verso il target del 2%.
L’appuntamento con (eventuali) nuove misure è rimandato a marzo, quando l’Eurotower aggiornerà le previsioni includendo, per la prima volta, anche il 2016.