Figura anche Mohammed Badie, guida spirituale dei Fratelli musulmani, tra i 682 imputati convocati al tribunale di Minya, nell’Alto Egitto, per la seconda parte del maxi processo sulle violenze dello scorso 14 agosto, in cui morirono anche degli agenti di polizia.
Badie non era presente in aula come molti suoi coimputati, la maggior parte dei quali sono contumaci. Tutti saranno giudicati dagli stessi giudici che lunedì hanno condannato a morte 529 militanti della Fratellanza musulmana: un verdetto che ha scatenato proteste in tutto il governatorato di Minya e che è stato definito grottesco da Amnesty International.
Nell’attesa che i condannati ricorrano in Cassazione, dove la sentenza potrebbe essere mitigata, molti egiziani contestano una decisione che ritengono tutta politica.
“Perché non è stato condannato a morte Mubarak? – si chiede Hassan – e perché non lo è stato neanche il suo ministro dell’Interno? Perché nessuno degli ex ministri di Mubarak tutt’ora in carcere ha ricevuto una simile condanna? Hanno semplicemente dei buoni avvocati? O sono i giudici che applicano leggi diverse? E’ chiaro che si tratta di una farsa!”.
Lo scorso agosto, lo sgombero dei presidi dei Fratelli musulmani, che protestavano contro la deposizione del presidente Morsi, si concluse con centinaia di morti.