Il premier ucraino, Arseni Yatseniuk, vola nell’est del Paese per tentare la carta del dialogo, nel giorno in cui scade l’ultimatum per l’occupazione dei palazzi del potere.
A Luhansk, il quartier generale dei servizi di sicurezza è dai sei giorni nella mani degli attivisti filorussi che non accettano l’offerta di Kiev: decentramento, riconoscimento della lingua russa e l’amnistia proposta dal Presidente, Oleksandr Turcinov, se gli anti-governativi deporranno le armi e metteranno fine all’assedio.
I separatisti chiedono che la Costituzione ucraina diventi federale. Opzione che Kiev esclude perché la ritiene una porta aperta sulla secessione.
“Il governo centrale non solo è pronto al dialogo con le regioni – ha detto Yatseniuk – ma è pronto anche a soddisfare le richieste legittime e i desideri di tutti i cittadini del nostro paese”.
Ultimatum del governo ignorato anche a Donetsk, dove i separatisti sostenuti da Mosca non lasciano la sede dell’amministrazione regionale e rifiutano di incontrare il premier.
Probabile, secondo alcuni osservatori, che l’intervento dell’esercito sia stato congelato in attesa della fine della visita di Yatseniuk.
Nell’est diviso, i rapporti di forza sono invertiti a Odessa, sul mar Nero, dove giovedì il candidato del Partito delle Regioni, il filorusso Oleg Tsarev, è stato costretto a lasciare il suo albergo – circondato dai sostenitori del governo di Kiev – con l’aiuto delle forze di sicurezza.