È qui che tutto è successo, il 14 aprile. E qui, nella scuola di Chibok, nord-est della Nigeria, le madri delle oltre 200 ragazze rapite da Boko haram, sono tornate per esprimere rabbia e dolore.
Il presidente nigeriano Goodluck Johnathan non farebbe abbastanza per sradicare il terrorismo fondamentalista.
Se ne è resa conto anche la comunità internazionale. Alcune capitali, da Washington a Parigi, hanno offerto aiuto e Johnathan ha ringraziato dal Forum economico mondiale:
“Già il solo fatto che ci sosteniante moralmente è un duro colpo per i terroristi. Con l’aiuto di Dio li sconfiggeremo”.
Ormai si è estesa a tutto il mondo la mobilitazione per le liceali nigeriane. I social media hanno sposato la battaglia e a colpi di tweet sono scesi in campo anche nomi noti, da Michelle Obama, first lady statunitense, a Malala, la studentessa pakistana che ha rischiato di morire in un attentato proprio perché i taleban volevano impedirle di continuare gli studi.
Ma anche il mondo musulmano si mobilita. Le più autorevoli voci dell’Islam, dall’Università teologica di Al Azhar, in Egitto, al Consiglio internazionale degli Ulema, condannano Boko haram e esigono il rilascio delle ragazze.
Per queste autorità religiose, tali pratiche sono ‘atti totalmente contrari agli insegnamenti della religione islamica e ai suoi principi di tolleranza’.