Gli ungheresi nel mondo, uniti dalle note di una rivisitata “English man in New York” di Sting, raccontati dal cantautore Péter Geszti, in musica e attraverso le immagini, che gli emigrati stessi hanno inviato per contribuire ad un collage di volti e luoghi lontani.
“Molti miei amici hanno deciso di lasciare il Paese, spiega, ma quando anche amici musicisti che mi erano molto vicini lo hanno fatto, non ho più potuto fare finta di niente, il problema mi toccava da vicino”.
Dall’Ungheria se ne vanno le élites, le professionalità più qualificate e sempre più spesso nomi della cultura. La diaspora ungherese conterebbe mezzo milione di emigrati, un vero e proprio esodo, ridimensionato dalla cifre ufficiali fornite dal governo.
“La politica può dare risposte molto strane e davvero sbagliate ai problemi sociali – afferma il cantautore – ecco perché molte persone decidono di scappare, scelgono una democrazia più stabile, dove la legge, i diritti umani e lo stato sociale vengono rispettati, più che in Ungheria.
Ho cercato di trovare un modo innovativo di raccontare, non volevo fare un videoclip su di noi, volevo mostrare i veri protagonisti, non me stesso o chi è qui in Ungheria, ma coloro che vivono lontano dall’Ungheria”.
Questa scelta ha scatenato un’accesa polemica, i critici hanno preso di mira Péter Geszti accusandolo di infangare la reputazione dle Paese.
“In Ungheria il tono della discussione è diventato subito inaccettabile – aggiunge Geszti – e l’oggetto era un semplice videoclip, gli attacchi che lo hanno riguardato sono un vero e proprio attacco alla dignità umana”.
Mettere in musica i volti di chi sceglie di partire è stato interpretato da alcuni come un attacco all’attuale governo nazionalista. Ma Geszti ribadisce: volevo raccontare solo quanto sta accandendo.