Grecia: fra gli sconfitti della guerra commerciale fra Mosca e Bruxelles

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In Grecia questi sono i frutti della guerra economico-commerciale fra l’Unione Europea e la Russia causata dal conflitto ucraino.

Tonnellate di merce che viene distrutta dai produttori che non possono vendere in Russia vista la rappresaglia attuata da Mosca dopo le sanzioni europee.

Gli agricoltori sono disperati: “Solo qui da noi, il 60% delle nostre pesche vanno in Russia, poi ci sono i kiwi. Il 90% delle nostre fragole è venduto in Russia, capite l’importanza che ha questo paese per noi, un mercato che abbiamo messo degli anni a tirare su”.

I frutti si accumulano nei frigoriferi, ma dopo giorni di attesa marciscono. Dice la nostra corrispondente: “Qui a Naoussa sono almeno 3.000 le tonnellate di pesche chuse nelle celle frigorifere di questa cooperativa. Anche se i produttori sono parzialmente compensati, nessuno può quantificare le perdite. Gli agricoltori greci credono di essere le incolpevoli vittime di una guerra economica fra Bruxelles e Mosca”.

Questo giovedì una riunione dell’eurogruppo sull’agricoltura dovrebbe quantificare i rimborsi, ma è la perdita della fiducia del mercato russo a favore di altri produttori che preoccupa gli agricoltori ellenici.

I trasportatori russi campeggiano sui parcheggi. Non possono tornare in Russia con prodotti europei. Dice uno di loro: “Ho caricato il camion qui in Grecia, ma poi mi hanno detto delle nuove misure. Niente può essere distribuito dalla Grecia. Quindi sono tornato qui al parcheggio e sono bloccato da una settimana. Senza sapere quando potrò tornare a casa e quanto dovrò attendere”.

Del prodotto in magazzino si faranno succhi o si getterà. I camionisti di aziende che hanno già acquistato cercheranno di smistare la frutta altrove:

Un rivenditore locale spiega: “Alcuni esportatori cercano di ridurre i danni vendendo in mercati simili a quello russo come Ucraina, Bielorussia, Polonia o Cechia e a volte vendono a metà prezzo”.

Bruxelles e Mosca non sembrano per ora intenzionate a tornare sui propri passi. Questo stallo lo pagano i produttori di un Paese negli anni passati ridotto in ginocchio dalla crisi e dall’austerity. Un Paese che non può permettersi un ennesimo terremoto finanziario.

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