Bilancio 2015, la Francia dice "Non" all'austerità e sfida Berlino

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La Francia dice basta con l’austerity. La frecciata contro Bruxelles (e, di riflesso, Berlino) è stata scoccata da Parigi questo mercoledì con la presentazione della legge di bilancio 2015.

L’arciere è il ministro delle Finanze Michel Sapin, che sottolinea come nessuno sforzo ulteriore sarà richiesto ad un Paese che quest’anno crescerà solo dello 0,4%. “In questo contesto economico sfavorevole il governo ha deciso di mantenere la strategia economica presentata in primavera”, ha detto Sapin ai giornalisti. “Ci assumiamo la responsabilità della situazione del bilancio, ma rifiutiamo l’austerità”.

Tradotto in parole semplici: il deficit di bilancio tornerà sì sotto il parametro del 3% imposto dall’Unione europea. Ma soltanto nel 2017 e non l’anno prossimo come promesso da Parigi dopo che già aveva ottenuto una proroga di due anni da Bruxelles.

Quest’anno il disavanzo dovrebbe arrivare a toccare il 4,4%. Nuova zavorra per quell’enorme barcone che è diventato il debito pubblico francese, recentemente cresciuto oltre la soglia dei 2 mila miliardi di euro.

“Mancano le misure giuste. Serve una terapia d’urto. E né Sarkozy né Hollande l’hanno applicata. Ecco il dramma: deficit e debito continueranno ad aumentare”, spiega l’economista Marc Touati. “Ora la situazione è calma perché i tassi sono molto bassi. Ma un giorno i mercati si sveglieranno, gli interessi si impenneranno e avremo una crisi del debito francese come in Grecia”.

Il governo francese sottolinea che i tagli nella spesa pubblica ci sono: 50 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Ciònonostante il bilancio mette in conto una crescita del debito pubblico al 98% del Prodotto interno lordo nel 2016 e una leggera diminuzione soltanto a partire dall’anno dopo.

La Francia, comunque, non è sola: nel Documento di economia e finanza anche l’Italia ha annunciato un rilassamento degli sforzi per raggiungere il pareggio di bilancio. Già arrivata la risposta di Angela Merkel: la crisi non è finita, i Paesi facciano i compiti a casa.

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