L'Iran paga la decisione dell'Opec. I commenti del Ministro del petrolio

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Piove petrolio sul bagnato della già disastrata economia iraniana. Strangolata dalle sanzioni occidentali, che stanno gradualmente stringendo i rubinetti al suo greggio, Teheran ha incassato come un colpo basso la decisione dell’OPEC di non tagliare la produzione, investendo piuttosto nella difesa delle proprie quote di mercato.

“La questione delle quote di mercato è da sempre una delle principali preoccupazioni dell’OPEC – dice ai nostri microfoni il Ministro iraniano del petrolio, Bijan Namdar Zanganeh -. Negli scorsi anni, le quote dell’OPEC sul mercato globale non hanno fatto che diminuire costantemente”.

Teheran sconta però anche sanzioni occidentali, che oltre a limitarne l’export di petrolio, stanno anche spingendone la produzione verso minimi da oltre vent’anni.

“Certo, se la produzione scende al di sotto di certi livelli, l’impatto dell’OPEC sarà ridotto al minimo – dice ancora Zanganeh -. Si tratta di un fattore determinante per vedere quale sia il prezzo considerato ragionevole dall’OPEC. E questo per fare in modo di tutelare le sue quote di mercato e, allo stesso tempo, garantire sia entrate sufficienti ai suoi paesi membri, che ulteriori investimenti necessari a incrementare la produzione”.

Se l’Arabia Saudita sorride, per Teheran l’urgenza è invece soprattutto restituire ossigeno a un’economia che a ottobre già pagava il crollo del barile con perdite che il presidente Rouhani stimava nel “30% delle sue entrate”.

“Dovrebbe esserci consenso su ogni decisione – conclude Zanganeh -. Se si discute di un taglio alla produzione, ovviamente l’Arabia Saudita gioca un ruolo molto importante. Semmai però la si tagliasse davvero, sarebbe proprio l’Arabia Saudita a pagarne il prezzo più caro”.

Sfumata l’ipotesi del compromesso che sosteneva alla vigilia, Teheran si trova ora dinanzi all’inattesa priorità di rimettere mano al suo bilancio, ancora basato sulla rosea stima di un petrolio a 100$ al barile.

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(2) Piove petrolio sul bagnato della già disastrata economia iraniana. Strangolata dalle sanzioni occidentali, che stanno gradualmente stringendo i rubinetti al suo greggio, Teheran ha incassato come un colpo basso la decisione dell’OPEC di non tagliare la produzione, investendo piuttosto nella difesa delle proprie quote di mercato. (20)

(22 sot Bijan Namdar Zanganeh -Iranian Oil Minister)

“La questione delle quote di mercato è da sempre una delle principali preoccupazioni dell’OPEC – dice ai nostri microfoni il Ministro iraniano del petrolio, Bijan Namdar Zanganeh -. Negli scorsi anni, le quote dell’OPEC sul mercato globale non hanno fatto che diminuire costantemente”. (15/17)

(38) Teheran sconta però anche sanzioni occidentali, che oltre a limitarne l’export di petrolio, stanno anche spingendone la produzione verso minimi da oltre vent’anni. (9/10)

(48 sot Bijan Namdar Zanganeh -Iranian Oil Minister)

“Certo, se la produzione scende al di sotto di certi livelli, l’impatto dell’OPEC sarà ridotto al minimo – dice ancora Zanganeh -. Si tratta di un fattore determinante per vedere quale sia il prezzo considerato ragionevole dall’OPEC. E questo per fare in modo di tutelare le sue quote di mercato e, allo stesso tempo, garantire sia entrate sufficienti ai suoi paesi membri, che ulteriori investimenti necessari a incrementare la produzione”. (24/27)

(1’15”) Se l’Arabia Saudita sorride, per Teheran l’urgenza è invece soprattutto restituire ossigeno a un’economia che a ottobre già pagava il crollo del barile con perdite che il presidente Rouhani stimava nel “trenta per cento” delle sue entrate. (11/12)

(1.27 sot Bijan Namdar Zanganeh -Iranian Oil Minister)

“Dovrebbe esserci consenso su ogni decisione – conclude Zanganeh -. Se si discute di un taglio alla produzione, ovviamente l’Arabia Saudita gioca un ruolo molto importante. Semmai però la si tagliasse davvero, sarebbe proprio l’Arabia Saudita a pagarne il prezzo più caro”. (14/15)

(1’42-1’57) Sfumata l’ipotesi del compromesso che sosteneva alla vigilia, Teheran si trova ora dinanzi all’inattesa priorità di rimettere mano al suo bilancio, ancora basato sulla rosea stima di un petrolio a 100$ al barile.

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