Sono 30 i corpi recuperati finora, nel mare di Giava, delle vittime del volo AirAsia, precipitato domenica scorsa. Soltanto a quattro di essi, però, è stato dato un nome.
Il forte vento e il mare mosso, con onde alte fino a 4 metri, nella giornata di venerdì hanno costretto i sommozzatori a interrompere le ricerche, in particolare il tentativo di recupero della fusoliera dell’aereo, finita in fondo al mare.
In totale alle operazione prendono parte 29 navi e 17 velivoli. Nella zona delle ricerche è giunto anche un team di specialisti francesi, che partecipano alle indagini su tutti gli incidenti che riguardano velivoli Airbus.
I corpi fin qui ripescati sono stati trasportati nella a Surabaya, città indonesiana dalla quale era partito il volo. Lì stanno avvenendo le operazioni di identificazione.
La causa dello schianto in mare, il primo subito dal vettore low cost nei suoi 12 anni di attività, è ancora da chiarire. Gli investigatori ipotizzano che l’aereo sia andato in avaria per essere repentinamente salito di quota allo scopo di evitare una tempesta.
Ci potrebbe volere una settimana ancora per recuperare le scatole nere. Solo allora si potrà avere qualche certezza in più.
“Entro un mese dal ritrovamento verrà rilasciato un rapporto preliminare” ha affermato Toos Sanitioso, membro del Comitato Nazionale per la Sicurezza dei trasporti.