Charlie Hebdo: 45 anni di satira per costringere alla riflessione

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Libero, irriverente, scapigliato. E’ da ormai quasi 45 anni che Charlie Hebdo imbraccia la satira e la punta alla coscienza dei suoi lettori, per costringere alla riflessione anche sugli argomenti più delicati. E’ così, per abbracciare battaglia e iniziativa di un giornale danese che nel febbraio 2006 aveva pubblicato una serie di caricature di Maometto, che al pari di altre testate internazionali le riprende sulle proprie pagine.

“Abbiamo pubblicato queste caricature per solidarietà con i vignettisti danesi – spiegava l’iniziativa l’allore caporedattore Philippe Val -. Non è una provocazione. Esercitare il diritto alla satira e alla libertà di stampa non è una provocazione”.

Alle minacce che da allora si ripetono contro il giornale, nei primi giorni del novembre 2011 segue un attentato incendiario alla sua sede. Poche ore prima, nelle edicole era comparso un numero speciale, sulla cui copertina appariva un profeta Maometto insolitamente ilare. Per l’occasione il settimanale aveva inoltre cambiato la propria testata in “Sharia Hebdo”.

“Chi ha fatto questo no crede in Dio – commentava allora a caldo il vignettista Luz -. Non crede alla religione. Crede al fuoco, nella distruzione nella morte, ma non alla religione. Sono loro i veri miscredenti. Chi ha fatto questo è il miscredente”.

Nel settembre 2012 è la volta di una serie di caricature, pubblicate in seguito al caso de “L’innocenza dei musulmani”: un controverso film, il cui solo trailer su internet era bastato a scatenare violente proteste in diversi paesi islamici. Charlie Hebdo, due suoi disegnatori e il direttore Charb vengono accusati da due associazioni di diffamazione e istigazione all’odio razziale.

“Non si possono fare caricature di Maometto, in Francia? – replicava allora il direttore Stéphane Charbonnier -. Certo che sì. La satira qui si può esercitare contro chiunque. In Francia la religione è intesa come una filosofia, un pensiero. E quindi si possono fare caricature di Maometto, come di Marx”.

Nel 2013, Charlie Hebdo dedica una serie speciale a “La vita di Maometto”: “un fumetto perfettamente halal e una biografia autorizzata dall’Islam – per dirla con Charb – perché redatta da autori musulmani”.

“Il fatto è che nessuno sa niente di Maometto, né dell’Islam – riconosceva ancora il direttore Stéphane Charbonnier -. Una religione che fa paura, perché ogni volta che se ne parla, lo si fa in occasione di attentati commessi da un’infima minoranza. Forse avremmo quindi dovuto partire da qui: far prima conoscere Maometto e l’Islam, poi farne l’oggetto della nostra satira”.

Una voce che si è spenta, ma uno sguardo sul mondo, che vivrà ancora in molti lettori di Charlie Hebdo.

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