In Marocco rimane forte l’indignazione dopo la seconda notte di proteste in varie città per la morte di Mouhcine Fikri.
Il 31enne pescivendolo abusivo è rimasto ucciso venerdì sera dal tritarifiuti di un camion della spazzatura a El Hoceima, mentre tentava di recuperare le cassette di pesce che la polizia aveva sequestrato e gettato.
Il governo promette un’inchiesta. Ma la vicenda diventa metafora del potere che schiaccia i deboli.
“Mouhcine Fikri non è l’unica vittima delle umiliazioni e delle violenze da parte delle autorità marocchine”, dice Taib Madmad, attivista per i diritti umani. “Molti cittadini sono stati uccisi dalla polizia e dalle autorità prima di lui.”
“Molti marocchini di diverse classi sociali sono scesi in piazza“osserva una studentessa, Rabab Rzini. “È una vera rivolta contro il sistema che umilia e sminuisce la situazione in cui viviamo. Qualunque sia la causa della sua morte – che si sia suicidato o sia stato ucciso dalla polizia – penso che ora nel Paese si stia verificando una rivoluzione popolare e di massa.”
La storia ricorda il suicidio di una donna, qualche mese fa, a Kenitra, dopo il sequestro del pane che vendeva senza licenza.
La vicenda riecheggia anche il suicidio di un tunisino che, nel 2010, innescò le primavere arabe.