Era una specie di Disneyland dell’archeologia. È la città di Nimrod in Iraq, recentemente liberata dallo Stato Islamico, con gli uomini in nero che nella loro furia iconoclasta hanno distrutto tesori di enorme valore.
Potrebbero volerci decenni per restaurare i danni provocati dagli islamisti.
Gli iracheni hanno protetto per secoli queste rovine. Anche per questo alcuni volontari hanno deciso di tornare a proteggere quella che è considerata la culla dell’umanità.
Dice un militare iracheno: “Con la caduta del regime di Saddam e l’intervento degli Americani, l’Iraq è rimasto senza Governo. Abbiamo quindi deciso di chiedere alle tribù locali di proteggere questi resti e poi abbiamo inviato nostro personale a creare posti di controllo e pattugliare la zona”.
La città di Nimrod venne fondata intorno al XIII secolo a.C. da Salmanassar I, e divenne un fiorente crocevia di scambi commerciali, fino a diventare capitale dell’Impero assiro nell’880 a.C. sotto la guida del re Assurnasirpal II.
Continua il militare: “Non sappiamo con esattezza quanti reperti sono stati distrutti dagli estremisti e quanti siano stati rubati, ma sappiamo per certo che alcuni pezzi sono stati contrabbandati”.
Non è purtroppo la prima volta che i miliziani islamisti distruggono opere d’arte e pezzi del patrimonio artistico e culturale dei luoghi che conquistano. Nel loro fanatismo distrussero le gigantesche statue di Buddha a Bamiyan in Afghanistan e devastarono le rovine di Palmira in Siria. Senza dimenticare di contrabbandare alcuni pezzi pregiati per rivenderli sul mercato nero e monetizzare le loro conquiste per la causa e, si sospetta, per arricchimento personale di alcuni leader.