Resta la figura di spicco della politica israeliana in questo momento, anche se, il premier Benjamin Netanyahu è oggetto di un’indagine penale aperta dalla procura generale.
È sospettato di aver ricevuto regali da parte di uomini d’affari stranieri, dal valore di decine di migliaia di dollari.
Il premier, che guida il Paese da 11 anni, se si conta anche il mandato del 1996 1999, si dice sicuro che anche stavolta tutto si risolverà come una bolla di sapone.
In merito alla vicenda il premier è stato interogato per tre ore lunedì sera, giusto prima dell’interrogatorio dichiarava:
“L’ho già detto e lo ripeto, non ci sarà niente perché si tratta di niente. Continate a rilasciare palloncini in aria, noi continuaiamo a guidare lo Stato di Israele”.
Netanyahu non è comunque nuovo a questo genere di situazione, ha riconosciuto di aver ricevuto 10 mila euro dal controverso magnate francese Arnaud Mimran nel 2001.
Nel novembre scorso i giornali israeliani avevano parlato di uno scandalo che ha coinvolto uno dei suoi più stretti collaboratori, l’avvocato David Shimron, accusato di essere stato un rappresentante dell’azienda tedesca ThyssenKrupp, dalla quale il governo israeliano voleva comprare dei sottomarini.
Lo scorso maggio un altro caso aveva coinvolto anche la moglie di Netanyahu, entrambi i coniugi erano stati accusati di aver speso soldi pubblici per spese private legate alla loro residenza ufficiale.
Potere e corruzione sono un binomio che troviamo spesso vita politica israeliana:
nel 2015 una sentenza di secondo grado condanna per corruzione aggravata a 8 mesi di carcere l’ex premier Ehud Olmert, , al centro più volte di inchieste giudiziarie.
La giustizia si interessò anche a Ariel Sharon e ai suoi due figli.
Uno dei figli, Omri Sharon è stato condannato a nove mesi di prigione per finanziamenti illegali al partito Likud.
Tra i casi più vecchi ricordiamo la condanna per corruzione dell’attuale ministro dell’Interni Arye Deri.
Netanyahu respinge tutte le nuoveaccuse che gli vengono mosse e accusa a sua volta gli oppositori di voler fare cader il governo, non essendoci riusciti democraticamente con le elezioni.