Mario Soares, l'uomo che ha tracciato il percorso democratico del Portogallo

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È stato il politico più popolare del Portogallo. Mario Soares era un simbolo per i politici lusitani di destra e di sinistra. L’ex presidente ha lasciato il segno nella storia politica del Portogallo, della quale è stato protagonista per oltre quarant’anni.

Esiliato in Francia dopo tre anni di prigionia, durante la dittatura di Salazar, il leader socialista torna nel suo Paese dopo la rivoluzione dei garofani. È l’aprile del 1974. E diventa una figura chiave nella transizione democratica e dell’integrazione europea.

Soares partecipa al primo governo provvisorio ed è componente dell’assemblea costituente. Riceve l’incarico di Primo ministro dopo le prime elezioni democratiche del 1974 e mette la parola fine al colonialismo ‘straccione’ di Lisbona.

Nato il 7 dicembre 1924 da una famiglia borghese, si laurea nel 1951 in Storia e Filosofia e nel 1957 in Legge. Sposato con Maria Barroso è stato per tre volte Primo ministro e ministro degli Esteri. Nel 1986 diventa presidente. Nello stesso anno il Portogallo entra nella Comunità economica europea.

È lo sdoganamento definitivo del Paese e Soares ne è ancora una volta l’artefice. Diventa presidente per la seconda volta fino al 1996 e poi, fino al 2004, deputato di quel Parlamento europeo che per anni Lisbona aveva dovuto guardare dalla finestra.

Ma già negli anni ’90, il suo prestigio supera i confini del Portogallo e il mondo gli riconosce un posto nella storia: da Nelson Mandela in Sud Africa, al premio europeo Robert Schuman. Grazie a lui, il Portogallo si ancora saldamente ai principi della democrazia.

Nel 2006, a 81 anni, dopo aver lasciato la politica, ritorna per ricandidarsi alle elezioni presidenziali. Ma questa volta i portoghesi gli voltano le spalle. Il suo amore per la politica lo porta a ritagliarsi un ruolo da opinionista.

Nel 2011 denuncia, ai microfoni di euronews, “i mostri del nostro tempo”: “È il dominio dell’economia, il dominio degli affari sulle nazioni – dice – È una tragedia per qualsiasi Paese o unione di Paesi. Credo che l’Unione europea stia attraversando la più grande crisi della sua storia. Siamo tutti consapevoli che, se continuiamo su questa strada, l’Europa non avrà più un futuro in questo mondo”.

Difensore della democrazia fino alla fine, una delle sue ultime uscite pubbliche è quella all’esterno del consiglio comunale di Lisbona durante in un minuto di silenzio in solidarietà con le vittime dell’attentato contro Charlie Hebdo, il 15 gennaio del 2015.

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