“Nel 2014 il popolo ha eletto il presidente con il 52%. Adesso mi aspetto più del 52% dei sì” nel referendum sul presidenzialismo del 16 aprile in Turchia”. A dirlo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, durante una lunga intervista in diretta tv.
E sulle difficoltà con l’Unione Europea ha detto, parlando in terza persona: “Li chiamerò fascisti finché chiameranno Erdogan dittatore”.
Erdogan ha continuato: “Possiamo continuare a discutere con l’Unione europea, ma dobbiamo rivedere le nostre relazioni politiche ed amministrative. Dovremo rivedere tutto dalla A alla Zeta”.
Erdogan ha minacciato di rimettere in discussione anche l’accordo sui migranti.
Cresce anche la distanza con Bruxelles. Dopo che il commissario all’Allargamento, Johannes Hahn, aveva parlato di “un’adesione sempre più irrealistica, se la Turchia non inverte rapidamente il suo corso”, il capo negoziatore di Ankara, Omer Celik, lo ha definito “un governatore coloniale”, accusandolo di comportarsi “come un commissario responsabile di evitare l’allargamento”. Intanto, la Norvegia ha concesso l’asilo ad
almeno 5 militari turchi accusati di legami con gli autori del fallito colpo di stato, scatenando la dura reazione del ministro della Giustizia, Bekir Bozdag.
Questo mentre altri paesi europei hanno agito diversamente. La Francia aveva permesso un paio di settimane fa che il ministro degli esteri turco venisse nell’esagono dove non si è limitato ad incontrare organizzazioni turche, ma ha anche fatto propaganda a favore del referendum presidenziale per cui Erdogan tanto si sta spendendo.