Dici Romagna e pensi subito alla piadina, che qua la gente si compra da sempre ai chioschi prima di tornare a casa la sera al posto del pane. A ottobre del 2014 la piadina romagnola, dopo oltre 10 anni di trattative, ottiene il suo marchio Igp. Peccato che a chiederlo siano stati i produttori industriali, e che nel disciplinare a garantire la tipicità del prodotto sia rimasto poco o niente: nessun riferimento alla provenienza tanto della farina quanto dello strutto, possibilità di aggiungere fino al 2% di alcool per imbustarla, e anche quella di surgelare direttamente il prodotto, che così può durare anche 12 mesi. D'altronde Bruxelles alla tipicità ha sempre messo davanti gli interessi dei grandi produttori, che chiama elegantemente “libera circolazione delle merci”, e per convincerli a riconoscere un marchio c'è bisogno di accettare dei compromessi. Lo sanno bene i produttori artigianali della famosa focaccia al formaggio di Recco, che nel disciplinare del loro IGP avevano deciso di mettere anche l'obbligo di utilizzare solo latte tracciato ligure, che per i pochi allevatori rimasti in zona sarebbe stata una vera manna dal cielo. Ma a Bruxelles più che i piccoli della Liguria probabilmente stanno a cuore i grandi di Nord Europa e Romania, e così ogni riferimento alla provenienza della materia prima è stato cestinato. Ma il disciplinare più criticato dai buongustai del belpaese è quello dell'aceto balsamico di Modena, un marchio che vale 700 milioni di euro l'anno. Un successo raggiunto grazie alla somiglianza col nome dei cugini nobili, gli aceti balsamici tradizionali di Modena e Reggio Emilia, che costano centinaia di euro al litro e non hanno niente da spartire con la variante popolare marchiata IGP, che nella grande distribuzione di euro ne può costare anche soltanto 4, e di sicuro non perchè gli industriali facciano la carità. L'inchiesta integrale andrà in onda a Report, domenica alle 21.45 su Rai3