(Adnkronos) - "Fino ai primi del 900 dominava il dogma coniato da Paul Ehrlich del cosiddetto 'horror autotoxicus', cioè dell’impossibilità che l’organismo potesse aggredire se stesso. Ma nel 1956 tre coppie di ricercatori, indipendentemente tra di loro, sfatarono il dogma dimostrando chiaramente l’esistenza della 'malattia autoimmune'". Così esordisce l'immunologo Mauro Minelli nella puntata di questa settimana di 'Fermenti, il segreto della salute', la rubrica online quindicinale realizzata sotto l'egida scientifica della Fondazione per la Medicina Personalizzata, in collaborazione con Adnkronos Salute. "Sono malattie autoimmuni quelle che emergono quando ha luogo una rottura della cosiddetta tolleranza immunitaria con sviluppo di cellule autoreattive lesive e conseguente estrinsecazione clinica della patologia. Sono state avanzate molteplici ipotesi sulle cause della perdita di tolleranza - spiega Minelli - Una di queste attribuisce una particolare rilevanza all’eventuale malfunzionamento di una sorta di 'sistema frenante' normalmente capace di neutralizzare eventuali risposte anomale che, se non tempestivamente bloccate, porterebbero il sistema immunitario a danneggiare lo stesso organismo di cui è parte. Nel nutrito gruppo delle malattie autoimmuni figura anche la sclerosi multipla, patologia neurodegenerativa nella quale al guasto del sistema frenante seguirebbe la reazione anomala di alcune cellule immunitarie che, sconfinando nel sistema nervoso centrale, si rendono responsabili del danno a carico della guaina mielinica che riveste le fibre nervose e che, della sclerosi multipla, è la lesione più tipica". "Un recentissimo studio condotto da un nutrito pool di ricercatori ha identificato un percorso immunometabolico in grado di regolare le funzioni delle cellule immunitarie alterate - sottolinea l'immunologo - Nella sperimentazione il compito di attivare quel percorso è stato affidato ad un batterio probiotico che, somministrato in animali di laboratorio affetti da modello sperimentale di sclerosi multipla, si è rivelato in grado di bloccare l'evoluzione della malattia". "Per quanto gli effetti di questi batteri buoni, ottenuti mediante tecniche d'ingegneria genetica, si siano finora dimostrati positivi in cavie di laboratorio, non si può certamente escludere la possibilità che analoghe metodiche possano sortire altrettanto benefici effetti anche nell’uomo e non solo contro la sclerosi multipla. Tutto questo avvalora ulteriormente il già copioso numero di evidenze che, analizzando il ruolo dei batteri intestinali sulla salute umana, fanno emergere nuove opportunità di cura, semmai da integrare con le terapie attualmente disponibili", conclude Minelli.