(LaPresse) Il 26 aprile del 1986 all'1:23 nella centrale nucleare di Chernobyl, in Unione Sovietica,nella repubblica dell'Ucraina esplodeva il reattore numero 4. È stato il più grave incidente nucleare civile della storia.
Una nuvola radioattiva contaminò vaste aree attorno alla zona dell’esplosione, per arrivare anche in Europa orientale. Secondo le stime dell'Onu i morti sono stati 4000, 65 decessi certi, gli altri vittime di tumori e leucemie ’collegabili’, ma ambientalisti ed esperti parlano di centinaia di migliaia di malati e decine di migliaia di morti.
L’impatto ambientale del disastro del 1986 è stato devastante e il livello di contaminazione ha superato di 200 volte quello delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Ci sono voluti ben 15 giorni per spegnere definitivamente l’incendio, per ricoprire il reattore distrutto è stato avviato un progetto di contenimento del costo di un miliardo di dollari.
Ad aggravare il disastro è stata anche la poca consapevolezza con la quale si affrontò la situazione: il personale della centrale si aggirò per l’impianto contaminato senza prendere precauzioni e ai cittadini dell’area circostante venne detto che la radioattività era bassa e non preoccupante.
A causa del vento, però, le radiazioni arrivarono fino in Svezia e la centrale nucleare locale diede l’allarme, rivelando la reale portata del disastro e portando le autorità sovietiche ad ammettere e dichiarare lo stato di emergenza.