Dietro la figura pubblica, c’è un uomo che fa i conti con il peso delle sue scelte. Ospite a Che tempo che fa, sul Nove, Roberto Saviano si è raccontato senza filtri, con parole che somigliano più a una confessione che a un’intervista. «Sì, ho la sensazione di aver sprecato la mia vita», ha detto, ribadendo quanto raccontato poche ore prima in un'intervista al Corriere della Sera. Una voce di una fragilità rara, soprattutto in un mondo in cui mostrarsi vulnerabili è quasi un tabù. Lo scrittore, simbolo della lotta alla criminalità organizzata, ha aperto uno squarcio sulla sua quotidianità blindata, sul prezzo intimo e collettivo della sua esposizione.
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Roberto Saviano e il peso di un’identità pubblica
Roberto Saviano parla di un’identità che gli è stata cucita addosso e che, col tempo, si è trasformata in gabbia. «Sprecare la vita significa aver speso gran parte della tua vita in un’immagine, in un ruolo». Il fatto stesso di essere diventato «simbolo» gli ha negato la possibilità di cambiare, perfino di sbagliare. «Qualunque scelta tu faccia, se sbagli stai compromettendo gli impegni della tua vita».
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La vita sotto scorta e il prezzo della scelta
Dietro la visibilità, c’è un conto salato: isolamento, sorveglianza, pressione. «Anche questo costante massacro che ormai viene considerato ordinario, non riguarda solo me». È una riflessione amara su cosa significhi oggi esporsi pubblicamente. «Chiunque sa che sarà critico verso il potere, paga un prezzo che un artista o uno scrittore non dovrebbe pagare mai: la libertà di poter scrivere».
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Reputazione online e attacchi personali
«Chi non ha reputazione vince», afferma. In un mondo in cui «conta quanto sei virale, non la qualità del tuo messaggio», l’integrità diventa un bersaglio. «Se hai l’onore […] te lo distruggono». L’onore, spiega lo scrittore di Gomorra, è ciò che pensi di te stesso. E proprio quello viene attaccato, sempre.
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Roberto Saviano: la responsabilità di una battaglia personale
Saviano non cerca capri espiatori. «Non do la colpa a nessuno, è mia», dice. «Io ho voluto fare questa battaglia, sono io che mi sono distrutto la vita». L’ammissione è lucida, netta. Nessun rimpianto facile, solo la consapevolezza amara di una vita vissuta per scelta, ma con un prezzo altissimo.
(immagini www.discoveryplus.it)