Era il 1972 quando Ms. magazine arrivò ufficialmente in edicola con Wonder Woman in copertina e l’ambizione – allora impensabile – di essere la voce del movimento femminista negli Stati Uniti. Fondata da Gloria Steinem e diretta da un team interamente femminile, la rivista aveva fatto il suo debutto mesi prima come inserto speciale del New York Magazine. In pochi giorni le 300 mila copie stampate andarono esaurite: le donne si riconoscevano finalmente in parole che rompevano il silenzio su aborto, sessismo linguistico, maternità imposta e desideri repressi. Oggi arriva a raccontare questa rivoluzione sulla carta il documentario HBO Dear Ms.: A Revolution in Print, presentato al Tribeca Film Festival e articolato in tre episodi diretti da Salima Koroma, Alice Gu e Cecilia Aldarondo.
[idgallery id="2472904" title="Femminismo, "Covando un mondo nuovo. Viaggio tra le donne degli anni Settanta" di Paola Agosti e Benedetta Tobagi"]
Ms. magazine: un luogo imperfetto, ma necessario
Il documentario non è solo una celebrazione della rivista, ma un ritratto complesso e onesto di una redazione che ha fatto la storia, anche sbagliando. Ms. magazine diede spazio a temi fino ad allora impensabili, ma inciampò spesso sulla questione razziale e sull’inclusione. Donne nere come Dorothy Pitman Hughes e Alice Walker, pur avendo contribuito al progetto, denunciarono l’assenza di un vero spirito di inclusione e sorellanza. «Non ero a mio agio nel sentire donne bianche parlare per me», racconta al The Guardian la scrittrice e attivista nera Michele Wallace. Una redazione all’avanguardia, ma ancora figlia del proprio tempo. «Il lavoro non è finito», ha ammesso la regista Salima Koroma, intervistata insieme a Wallace. «Ma è proprio questo senso di autocritica che rende Ms. un’esperienza viva, e non un’icona sterile».
[idarticle id="2474471,2454204,2449298" title="Femminismo, rivoluzione pacifica,Femminismo: anche la generazione X ha lottato per i diritti delle donne,Femminismo: 16 marzo 1970, la rivolta delle giornaliste"]
Episodio 1: la nascita di Ms.magazine
Prima che Ms. vedesse la luce, termini come “violenza domestica” e “molestie sessuali” non facevano parte del vocabolario comune. I diritti legali delle donne erano ridotti al minimo e le giornaliste venivano relegate, per lo più, alle pagine di moda o di economia domestica. Ma qualcosa stava cambiando. In quei anni stavano nascendo i primi movimenti femministi come Redstockings, la National Organization for Women e le New York Radical Women. Nel primo episodio del documentario (A Magazine for All Women, firmato da Salima Koroma), Steinem ricorda di aver partecipato a un incontro di liberazione femminile per conto del New York Magazine. Le immagini d’archivio mostrano il clima intenso di quei momenti.
[idgallery id="2237539" title="Violenza sulle donne: i segnali cui prestare attenzione spiegati dall’esperta"]
Episodio 2: dare un nome alle cose
Il secondo episodio del documentario Dear Ms si intitola "A Portable Friend" ed è diretto da Alice Gu. Questo episodio si concentra soprattutto sul ruolo della rivista Ms nell’affrontare temi tabù e ancora poco riconosciuti. Fu una redattrice, Lindsy Van Gelder, a raccontare per la prima volta di un partner che aveva abusato di lei. Queste testimonianze contribuirono alla nascita dei primi centri antiviolenza, a una coscienza politica diffusa e persino a proposte di legge. Come raccontò anni dopo alla stampa l’ex senatrice Barbara Mikulski: «la prima legge che proposi riguardava le donne maltrattate, proprio dopo aver letto un articolo su Ms.».
[idarticle id="2569259,2549613,2584565" title="Amore o violenza? Gli adolescenti fanno una pericolosa confusione,Femminicidi: come capire quando un rifiuto può scatenare la violenza?,Assolto per molestie, il no della Cassazione: «Il silenzio può essere dissenso»"]
Episodio 3: la lotta alla pornografia
Nel terzo episodio di Dear Ms - No Comment - il dibattito sulla pornografia emerge come uno dei nodi più delicati nella storia di Ms. La rivista prese una posizione critica, distinguendo l’erotismo dalla pornografia, considerata violenta e sessista. Molte sex worker del tempo, come Annie Sprinkle, vennero ritratte come donne "perse" o "cadute", risucchiate da un'industria pornografica maschilista e capitalista. La loro voce rimase fuori dal confronto con la rivista e questo portò a una protesta simbolica davanti alla redazione. Il tentativo fallito di Ms. di aprire uno spazio pluralista – pubblicando anche posizioni opposte al testo della legge antipornografia di Dworkin e MacKinnon del 1983 – segnò una frattura interna che ancora oggi invita a riflettere su libertà , inclusività e femminismo.
[idgallery id="2209687" title="Sessualità e coming out: l’importanza (e la pau...