Venezuela nel caos, proteste contro misure economiche di Maduro

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Nelle proteste che da dieci giorni si susseguono nelle strade di Caracas, in Venezuela, si contano i primi morti e decine di feriti. La contrapposizione tra sostenitori e oppositori del governo si fa più radicale, come era nelle intenzioni di una parte dell’opposizione, convinta di poter costringere il presidente Maduro alle dimissioni. Quest’ultimo assicura che non ci sarà un colpo di Stato e per esserne certo rafforza l’apparato di sicurezza.

Ma un anno dopo la morte di Hugo Chavez, il presidente fatica a contenere un malcontento sempre più diffuso. Il potere d’acquisto dei venezuelani si sta erodendo e il fenomeno del contrabbando appare inarrestabile.

Il governo cerca un capro espiatorio nei commercianti, accusati di gonfiare i prezzi. La cosidetta “politica dei prezzi giusti” impone margini di guadagno non superiori al 30 per cento.

Ma misure come questa lasciano inalterate le cause dei problemi economici del Venezuela. Prima fra tutte l’inflazione, arrivata al 56 per cento; poi il tasso di cambio irrealistico a cui è ancorato il bolivar: sei a uno contro il dollaro, quando sul mercato nero la valuta americana vale settanta bolivar; la dipendenza dalle esportazioni di petrolio, cresciuta del 20% in diciassette anni; e infine la corruzione, che relega il Venezuela al gradino più basso tra i Paesi dell’America Latina e che mette in fuga potenziali partner internazionali, comprensibilmente diffidenti nell’investire in un contesto così instabile.

L’insieme di questi fattori è all’origine della penuria di beni di prima necessità, come le derrate alimentari, che il Paese importa quasi interamente dall’estero.

A spingere l’opposizione in strada è anche l’aumento della criminalità. L’esecutivo non ha pubblicato dati ufficiali tra il 2006 e il 2012, ma quelli avanzati dall’Osservatorio venezuelano sulla violenza bastano a illustrare le dimensioni del problema: 4.500 omicidi nel 1998, oltre 21mila nel 2012 per una media di 73 uccisioni ogni centomila abitanti. Nel Paese circolano fra 3 e 18 milioni di armi da fuoco, a fronte di qualche decina di migliaia di titolari di porto d’armi.

Pur dissociandosi dalle violenze, l’opposizione ha assicurato che la mobilitazione continuerà e ha denunciato la stretta del governo contro gli organi di informazione, che per documentare le proteste rischiano ammende milionarie, se non la chiusura.

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