I ribelli hanno abbandonato il centro storico di Homs. Le forze lealiste ne hanno ripreso il pieno controllo.
Dopo oltre due anni di assedio, e malgrado i gesti ostentati da chi parte, la vittoria, altamente simbolica, è per il governo siriano.
Secondo quanto stipulato dall’intesa raggiunta con il regime di Damasco, circa mille combattenti, accompagnati dalle loro famiglie, sono saliti a bordo di autobus e sono partiti, portando con sé ciascuno un’arma.
Ai soldati dell’esercito regolare, adesso, il compito di setacciare quel che resta di Homs, alla ricerca di ordigni eventualmente lasciati dagli insorti.
Prima di andarsene i combattenti islamici hanno anche dovuto liberare gli ultimi ostaggi che detenevano, una cinquantina, fra cui minori.
Piccole sacche di resistenza resterebbero adesso solo nel quartiere nord-occidentale di Waer, ma la città vecchia si è svuotata.
Homs è stata il teatro di una delle prime manifestazioni contro Bashar Al Assad, nel marzo del 2011.
La città è stata anche fra quelle che hanno pagato il più alto tributo di sangue, con 2200 morti, uccisi nei combattimenti, o dai ribelli stessi, negli scontri intestini fra due diverse fazioni legate ad Al Qaida.
E poi c‘è stato l’assedio, con quel che ne consegue: mancanza di cibo, di medicine, di generi di prima necessità.
L’accordo, simile a quello che ha portato all’evacuazione degli estremisti legati ad Al Qaida dall’autoproclamato emirato islamico di Bab al Amr, è stato concluso a margine della conferenza di Ginevra, nel febbraio scorso.
Tuttavia la caduta della località non vuol necessariamente dire che la guerra civile siriana sia finita. I combattenti hanno sì lasciato Homs, ma per ripiegare più a nord.
E poi, praticamente in contemporanea con il ritiro da Homs, ad Aleppo un attentato ha fatto saltare in aria un albergo che era il quartier generale delle forze lealiste.
Bilancio: almeno 14 morti. Un chiaro messaggio ad Assad.
A poche settimane dalle presidenziali, la riconquista del simbolo della resistenza, è un ottimo spot elettorale per il presidente Bashar Al Assad, che si ripresenta.
L’opposizione al regime non ha saputo superare le divisioni interne, e sembra ancora incapace di impedire che Assad ottenga un nuovo mandato, malgrado il conflitto.