Giorno di investitura per Klaus Iohannis, il nuovo presidente rumeno, eletto a novembre.
Ex sindaco di Sibiu, di centrodestra, succede ai due mandati di Traian Basescu, della medesima estrazione politica. Ma ha incentrato la sua campagna elettorale sulla discontinuità rispetto al recente passato. Soprattutto in materia di corruzione. Piaga che si è accompagnata alle conseguenze della crisi economica, impoverendo il Paese.
“Desidero – ha detto nel suo discorso di insediamento – che la corruzione non sia più presente nell’agenda politica. Le istituzioni pubbliche dovrebbero lavorare per i cittadini e la classe politica dovrebbe essere ben conscia del fatto che lavora per l’interesse pubblico e non per quello personale o di gruppi ristretti”.
In parlamento, ad assistere al suo primo appuntamento ufficiale con l’emiciclo, c’era anche la moglie.
Iohannis si è imposto a sorpresa sul premier in carica Victor Ponta, che non si è dimesso da capo del governo dopo la sconfitta.
Ciò impedisce, al momento, al nuovo capo dello Stato di esercitare una delle sue prerogative, ovvero la nomina del primo ministro. Il suo ruolo, per il resto, è più che altro di rappresentanza, ma può porre il veto alle leggi emanate dal parlamento e indirizza la politica estera.
Il nuovo presidente è chiamato a combattere lo scoramento del popolo. Manifestato anche nei risultati di un sondaggio del centro di ricerca Inscop, commissionato dal quotidiano Adevarul, secondo il quale il 40% dei rumeni ritiene che la situazione nel Paese sia peggiorata rispetto all’epoca di Nicolae Ceausescu, proprio nei giorni in cui si celebrano i 25 anni dalla caduta del suo regime.
Solo il 33% percepisce un miglioramento rispetto all’epoca del comunismo, mentre il 17% sostiene che nulla sia cambiato rispetto al 1989.
Tra i più delusi dagli sviluppi seguiti alla svolta democratica, spiccano i romeni che oggi hanno più di 50 anni, inclusi quelli che a Timisoara e Bucarest, nel dicembre 1989, erano in prima fila contro la repressione. Il 45,8% di loro ritiene che oggi la vita nel Paese, oggi membro dell’Unione Europea e della Nato, sia peggiorata rispetto a 25 anni fa.